Lettera al giornale Società

Caro Direttore,

è stato dato, come si usa dire, ampio risalto all'accordo tra il Comune e la Curia Arcivescovile a proposito del nuovo pavimento della Cattedrale. Sappiamo che si era deciso di realizzare un impianto di riscaldamento previo rifacimento del pavimento della chiesa. Ebbene, come quasi sempre succede quando si va a scavare nel centro storico, sotto le prime grattate delle benne dei pur modesti bobcat sono uscite le antichità. Fermo dei lavori, archeologi che si fregano le mani, scavi, mostre, visite guidate, entusiasmi e polemiche. Il tutto genera due conseguenze inevitabili: per completare i lavori i soldi messi in programma non bastano più, quanto tempo ci vuole per vedere riaperta la Cattedrale nessuno lo sa.

Il tema è sensibile. C'è l'arte, il bene culturale, e c'è il rapporto tra Stato e Chiesa, mai così viscido da quando tutti si dicono campioni della laicità.

Soprattutto c'è un problema di soldi. Servono soldi per portare a termine la campagna di scavi e per poter, allo stesso tempo, riaprire al culto la Cattedrale.

Esce allo scoperto il Comune di Benevento che stanzia una cifra che soddisfa tutti, soprattutto la Curia.

La stampa locale plaude, il sito del Comune racconta l'evento e pubblica alcune foto. L'arcivescovo Andrea Magione e il sindaco Fausto Pepe hanno firmato un atto nientemeno che sul luogo del delitto (pardon, sul luogo del cantiere). Senza neanche rifiatare dopo un lungo sopralluogo nel cantiere della Soprintendenza. Senza un brindisi augurale e senza neanche un bicchiere di acqua.

Ma...c'è un ma. Questi due benedetti signori, affiancati da inevitabili aiutanti, hanno apposto le loro autorevoli firme sul pezzo di carta che sancisce l'accordo nientedimeno che sulla lastra di pietra che della Cattedrale costituisce l'altare.

Hai capito bene, caro Direttore. Era tale l'urgenza che non c'era tempo per accomodarsi, non dico nell'alloggio privato di Sua Eccellenza nell'adiacente Arcivescovado (U' Scuado, secondo il modo di esprimersi del popolino), ma in sacrestia?

E, poi, visto che i soldi li darà il Comune, credo che il luogo per una firma sarebbe dovuto essere il Palazzo di Città.

E' colpa mia, poi, se domenica scorsa il Vangelo di Giovanni ci ha parlato del tempio che, al tempo di Cristo, era diventato luogo di commerci e di affari?

A mio giudizio non basterà una solenne cerimonia di riconsacrazione per cancellare un gesto sbagliato, grossolano, superficiale, goffo, sconveniente.

Sindaco, la donazione dell'Hortus Conclusus da parte di Mimmo Paladino non vi ha insegnato proprio niente?

M. P.