Il 'tranquillo Sannio' forse non c'è più Cronaca

Quando scattò l’operazione “Tabula Rasa”, nel marzo dell’anno scorso, con una gigantesca retata di 26 persone, fu grande la soddisfazione delle Forze dell’Ordine. Il Colonnello dei carabinieri dell’epoca, Antonio Carideo, spiegò che avevano scelto quelle due parole latine per il loro mastodontico blitz per “far voltare pagina a Benevento”. Il Clan Sparandeo sembrava sgominato definitivamente. “Li abbiamo azzerati - disse Carideo - abbiate fiducia, perché Benevento non è terra di camorra, ma di brava gente”.

Nel gennaio scorso è stata portata a termine “Tabula Rasa 2”, che si è conclusa con l’arresto di quattro persone ritenute affiliate allo stesso sodalizio. Avrebbero estorto denaro al titolare di un pub di Casale Maccabei. Qualche settimana fa, con l’operazione denominata “Lo Zio d’America”, sono stati arrestati altri quattro aderenti al noto clan. La magistratura li ritiene responsabili di una serie di attentati a negozi e supermercati per ottenere il pizzo.

Per capire come stanno le cose nel mondo della criminalità organizzata sannita abbiamo incontrato il vice-questore di Benevento, Giovanna Salerno, che dirige anche la Squadra Mobile della Polizia di Stato.

Dopo le ultime operazioni, come si presenta la mappa dei clan locali? Qual è il nuovo quadro della criminalità organizzata in città?

Sicuramente - risponde il vicequestore - il clan dominante è il clan Sparandeo. Poi naturalmente nella mappatura della Dia vengono riportate altre famiglie, di cui al momento non parlerò, perché sono famiglie che in passato hanno posto in essere una serie di azioni criminali e sono state già perseguite per questi fatti. Oggi il clan Sparandeo si presenta come un clan menomato, perché molti suoi membri , soprattutto negli ultimi tre anni, sono stati arrestati e hanno avuto diverse condanne. Ricordo che Saverio Sparandeo, alias O’ Butterato, che abbiamo arrestato qualche settimana fa, ha preso il posto del fratello Arturo, che fu arrestato, sempre dalla squadra mobile di Benevento, nel febbraio di due anni fa proprio per un’altra estorsione fatta ad una catena di supermercati e si trova ancora in carcere”.

Nella relazione annuale della Direzione Investigativa Antimafia è scritto che nel Sannio operano una decina di clan, tra grandi e piccoli. Accanto alle famiglie storiche degli Sparandeo e dei Pagnozzi, sono presenti, tra gli altri, i gruppi Saturnino-Bisesto (Sant’Agata dei Goti) e Iadanza-Panella (Montesarchio e paesi del Taburno). Quali caratteristiche ha il clan che viene ritenuto egemone in città?

E’ chiaro che il clan Sparandeo - afferma Salerno - è un’organizzazione criminale. Quindi ha degli accoliti, ha delle persone che lavorano per il sodalizio. Il clan si configura allorquando i capi assicurano comunque sia il pagamento degli avvocati che il sostentamento alle famiglie degli accoliti, qualora vengono arrestati. Per questo motivo, supponiamo che qualche tentativo di ripresa da parte di qualche membro che ancora non è in carcere ci sarà, questo proprio per mantenere la struttura del clan ancora in piedi. Il pagamento degli avvocati è un classico dei clan. Quindi il clan Sparandeo è un clan da tutti i punti di vista, come è emerso da tutti i processi subiti e dalle rivelazioni dei collaboratori di giustizia”.

Quali sono i principali campi di intervento della criminalità organizzata? Quale messaggio si può dare ai giovani per impedire che vengano attratti dal facile guadagno e dal mondo distruttivo della droga?

Le attività predominanti sono sicuramente l’estorsione e la droga - sottolinea il capo della Mobile - quello degli stupefacenti, lo sappiamo, è un mercato nero, illegale, un mercato di morte. A Benevento il fenomeno è abbastanza diffuso. Quello che notavo rispetto al passato è che data la crisi economica c’è stato un ritorno all’eroina, che era dilagante una ventina d’anni fa, poi, col tempo, si era passati alla cocaina, una droga considerata da tutti un po’ più d’elite. Oggi, gli ultimi sequestri, fatti anche dalla squadra mobile di Benevento, hanno dimostrato che l’eroina è tornata alla ribalta, perché ha un prezzo di mercato più basso rispetto alla cocaina. Entrambi hanno effetti dilanianti sull’essere umano, questo è poco ma sicuro. Ma l’eroina ha degli effetti sul lungo termine. Quindi porta anche danni irreversibili, con conseguenze molto gravi. Di questo bisogna avvertire i giovani”.

Nel Sannio non abbiamo assistito a faide. Come si spiega tutto questo? Quali collegamenti esistono tra gli Sparandeo, i Casalesi e i Pagnozzi?

Sicuramente - ammette il vicequestore - ci sono dei collegamenti storici che emergono da tante dichiarazioni di collaboratori di giustizia. Sicuramente dei collegamenti con il clan Pagnozzi. Questi collegamenti riguardano più il passato, ma non possiamo escludere che vi siano anche oggi. Quando un clan opera su un territorio, naturalmente esiste sempre una “pax mafiosa”. Nel senso che ci deve essere sempre un accordo in base al quale un clan può operare liberamente, perché naturalmente anche il Sannio ha un’imprenditoria e quindi anche il Sannio, che confina con Caserta e quindi con i Casalesi, e con Avellino e dunque con i Pagnozzi, potrebbe essere terreno fertile per questa gente. Quindi non escludiamo che ci sia una “pax mafiosa” in tal senso”.

In una recente operazione che ha colpito la criminalità romana è comparso il nome di Domenico Pagnozzi, probabilmente collegato a “Mafia Capitale”. Quindi il clan caudino ha esteso la sua attività a Roma?

I Pagnozzi - osserva Salerno - da diversi anni hanno esteso le loro attività a Roma. Ricordo che Domenico Pagnozzi è stato arrestato dalla squadra mobile di Benevento due anni e mezzo fa e si trova tuttora in carcere. Si trattò di un’operazione congiunta con i carabinieri, denominata “La Montagna”, diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia. E’ chiaro che ci sono dei collegamenti con gli ambienti romani, perché già all’epoca dei fatti viveva a Roma, dove ovviamente aveva una sua roccaforte, sempre in stretto rapporto col nostro territorio e in particolare con la Valle Caudina”.

Esattamente un anno fa fu scoperta una cellula della ‘Ndrangheta a Montefalcone Valfortore, nata per il traffico della droga e per fare da ponte tra i mafiosi calabresi e quelli americani. L’operazione fu chiamata “New Bridge”. Come andò e come stanno le cose?

Questa problematica - spiega il capo della Mobile - l’ho affrontata io in prima persona. L’anno scorso abbiamo stroncato sul nascere questa cellula che ci era stata segnalata dallo Sco (Servizio Centrale Operativo) della polizia di Stato e dalla questura di Reggio Calabria. Quindi si tratta di un’indagine di respiro internazionale. Quando ci arrivò la segnalazione, in tempi strettissimi sono stati eseguiti gli accertamenti e subito gli arresti unitamente a Reggio Calabria. La cellula mirava ad espandersi, ma non ha avuto né l’opportunità né il tempo di farlo per il nostro intervento forte, tenace, determinato e soprattutto veloce. Ora sono stati tutti rinviati a giudizio”.

Quali sono i rischi di infiltrazione negli appalti e negli enti locali? Cosa servirebbe per colpire meglio i clan?

Il rischio c’è sempre - fa notare il vicequestore - allo stato di infiltrazioni vere e proprie non sono in condizione di parlarne, perché non abbiamo contezza. Però che esista un rischio, questo è certo. Per fronteggiare la criminalità occorrerebbero leggi più incisive, lo invoca tutta Italia, e un po’ più di libertà alle forze dell’ordine. Nel codice di procedura penale si potrebbero introdurre articoli un po’ più “svelti”, soprattutto quando parliamo di criminalità organizzata. Non dico in generale. Perché l’Italia è un paese fortemente garantista, perché è un paese civile”.

La presenza dei clan, con azioni sempre più violente ed aggressive, testimonia che quella di Benevento non è più una provincia tranquilla come una volta. Il lavoro delle forze dell’ordine sta raggiungendo importanti obiettivi. Come continuerà l’azione di prevenzione e repressione della criminalità organizzata?

Un mio caro amico magistrato - racconta Salerno - parlando delle ultime statistiche del 2014 mi ha comunicato che la percezione della sicurezza a Benevento è molto alta. Cioè il cittadino ha una fortissima fiducia nelle Forze dell’ordine, nelle Istituzioni, nella Magistratura. Già questo è una vittoria dello Stato. In tutto il mondo si delinque e spesso le differenze sociali portano alla delinquenza, che non è un fenomeno solo italiano, ma mondiale. Quello che posso dire è che le forze dell’ordine del territorio beneventano, la magistratura, sia la Procura di Benevento, sia la Procura Distrettuale Antimafia che sta a Napoli, hanno una grande attenzione al territorio, ai cittadini. Opereremmo certamente meglio, potenziando la logistica”.

Nella lotta alla criminalità hanno una rilevanza spesso decisiva la denuncia e la collaborazione dei cittadini minacciati. A questo scopo si è sviluppato l’associazionismo anti- racket. Come stanno le cose nel Sannio?

Io invito sempre la gente a denunciare - conclude il capo della Mobile - su questo fronte abbiamo avuto grandi collaborazioni, ma anche grandi chiusure. Ma più andiamo avanti, più otteniamo risultati, più la collaborazione cresce. Quindi, al di là dei numeri, il dato positivo è che la collaborazione sicuramente sta crescendo. Questa fiducia crescente è importante per poter vincere una battaglia di legalità e di civiltà che appartiene a tutti”.

ANTONIO ESPOSITO

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