Destini inversi, avversi Cultura

Poco dopo la crocifissione di Cristo c’erano già suoi seguaci in Italia, scrive San Paolo raccontando il suo sbarco sulla costa napoletana nel 61: “Si levò lo scirocco e l'indomani arrivammo a Pozzuoli. Qui trovammo alcuni fratelli, i quali ci invitarono a restare con loro una settimana”. Destino inverso per la Benevento romana: anche se viaggiatori e notizie arrivavano prima per via di terra che per mare, non c’era ancora in città un nucleo di cristiani. C’era Iside dea egizia a promettere vita ultraterrena, e con lei una corte di divinità esotiche. A Pozzuoli San Paolo era stato fraternamente accolto, a Pozzuoli San Gennaro vescovo di Benevento fu invece decapitato. Il Cristianesimo cresceva tra destini inversi, avversi.

Una doppia fila di sfingi in granito rosa guidava i fedeli alla statua della dea nel tempio che nell’anno 88 Domiziano imperatore le aveva dedicato a Benevento. Il culto di Iside durò finché i cristiani poterono contrastarlo: massacrarono le sculture isiache, le decapitarono. Ridussero Iside a ‘strega’, ma continuò a inquietarli l’immagine della Sfinge diffusa fin nelle case. È perfida la Sfinge perché conosce il futuro e tace? O tace perché è un angelo misericordioso?

Alcune di quelle sfingi in granito rosa aspettano oggi i turisti insieme ad altri reperti isiaci, tutti scolpiti in marmi policromi tratti dalle cave dei monti sul Mar Rosso. Fatti per risplendere al sole, sono stati collocati a Benevento nei sotterranei del palazzo della Prefettura, dove ombre nere ne azzerano i dettagli e l’illuminazione artificiale ne umilia i colori. Un destino ancora una volta inverso, avverso.

Le sfingi importate nella Benevento romana hanno corpo leonino accovacciato, la coda girata di lato tra coscia e fianco, il sesso maschile: prova che vennero scolpite in Egitto. Maschio era infatti la Sfinge per gli Egiziani, femmina per i Greci. Ambivalente, ambigua, a volte alata a volte no, invertiva forma e sesso a seconda dei tempi e dei luoghi. Solo una volta svelò a un uomo il suo destino, al greco Edipo. Se ne stava sulla via di Tebe e divorava i passanti che non riuscivano a risolvere due enigmi: “Qual è l’animale che cammina ora a quattro zampe, ora a due, ora a tre...? Un fratello genera sua sorella, e lei a sua volta genera il fratello… chi sono?”. Edipo rispose: “L’uomo… il giorno e la notte”. La Sfinge non lo divorò e gli svelò il destino: ucciderai tuo padre, sposerai tua madre. Edipo neonato era stato abbandonato dai genitori Laio e Giocasta, sovrani di Tebe, perché sapevano che sarebbero stati uccisi da lui. Visse lontano, ignaro, a Corinto. Anni dopo incontrò Laio sulla via di Tebe, lo uccise e ne sposò la moglie senza sapere che quel re era suo padre e la regina sua madre. Sprofondò nell’orrore. Quella storia divenne un mito.

Freud individuò nel 1910 la breve fase incestuosa in cui ogni bambino si identifica col genitore del proprio sesso e prova desiderio nei confronti del genitore del sesso opposto. La chiamò ‘complesso di Edipo’. Ma non è la psicanalisi a mantenere tra noi il mito arcaico. A renderlo eterno è il monito della Sfinge, imperscrutabile custode del destino: quel che accadrà nel futuro nessuno deve sapere.

ELIO  GALASSO

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