Vittoria Colonna 'o diavolo 'e Margellina Cultura

Il mio amico scende dalla macchina, guarda sconfortato la stazione troppo lontana, ha valigia e borsa del computer. Lo distraggo: ti piace la piazza della nostra stazione con la fontana rotonda? Rotonda o quadrata non è il momento, risponde, senza alberi né panchine qua non è il posto per godere sussurri d’acqua, e poi mo’ ce sta ’o sole, ma sai che sfizio arrivare a piedi fino ai treni quando piove. Avanzando a fatica conclude: ’sta piazza è perfida, mi sta facendo soffrire, insomma scusa se te lo dico, pare ’o diavolo ’e Margellina. Resto sbalordito, senza saperlo ha azzeccato il nome della piazza! So bene che quella frase la dicono a Napoli quando una donna provoca tutti e non accontenta nessuno, e so che quel diavolo era nientemeno che Vittoria Colonna. La nostra piazza è intitolata proprio a lei, gli dico, perché nel Cinquecento è stata Governatrice di Benevento. Ah ecco perché è perfida ’sta piazza, osserva lui, ma non ci credo, voglio vedere la targa. Lo accompagno in giro per la piazza senonché… la targa non c’è da nessuna parte! Chiediamo alla ragazza della tabaccheria: si, ’a targa ce steva ’na vota, ma mo’ nun ce sta cchiù.

Qualche volta torno a far visita a quel diavolo, a Napoli. Salgo le tre rampe che portano su, alla Chiesa di Santa Maria del Parto affacciata sul largo di Mergellina pieno di ristorantini e caffè, col mare davanti e il Vesuvio sullo sfondo. Entro nella Cappella Carafa, mi accoglie un ritratto di Vittoria Colonna sconosciuto pure ai napoletani, figuriamoci ai beneventani. Era davvero così perfida quella donna della migliore nobiltà romana sposatasi a Ischia col napoletano Fernando d’Avalos? Ne dà un’idea Matilde Serao in un racconto.

Vittima delle provocazioni della ventenne Vittoria Colonna era soprattutto Diomede Carafa, vescovo diciannovenne di Ariano Irpino: “Vestita di broccato rosso con una reticella di perle sulle fulve trecce, lei sedeva a conversazione con Diomede. Il giovane la fissava con occhio intento e cupido. Lei parlava, e sul viso di lui passavano onde di sangue, la voce gli tremava. La dama, sorridente, agitava il leggero ventaglio di piume, giocherellava ferocemente col cuore del giovane. Abituata a quei sottili godimenti si compiaceva, e poi, carezzandolo con mano leggera e vellutata, si dilettava a farlo sussultare fino a farlo impazzire”.

Bella, piena di humour, colta e poetessa, Vittoria Colonna era amica delle più grandi personalità del Cinquecento europeo, compreso Michelangelo Buonarroti che, platonicamente innamorato, la disegnò in aspetto serio (immagine di apertura). Invece Diomede Carafa, più tardi nominato Cardinale, infuriato per le sue vane promesse d’amore si convinse di essere stato colpito da una ‘fattura’, le fece fare un ritratto ‘esorcizzante’ dal pittore Leonardo da Pistoia e lo collocò nella cappella di famiglia, appunto nella Chiesa di Santa Maria del Parto a Mergellina: un modo per liberarsi dai propri tormenti erotici ma non dalla visione di lei. Chi oggi va lì a pregare nella penombra della Cappella Carafa dovrebbe far caso ai conturbanti dettagli del quadro, perché la scena parla chiaro. C’è l’Arcangelo Michele che trafigge non il solito demonio, ma Vittoria Colonna distesa nuda a terra, corpo formoso, bocca sensuale, una maschera pelosa dipinta sulla pancia, ali aperte e coda di serpe. L’arcangelo mette i piedi addosso a Vittoria che, rivolta al cielo con occhi scuri e plateale innocenza, scopre il seno sollevando un braccio. Per quel ritratto lei diventò nella Napoli spagnola l’emblema della femmina che attira, promette e nulla dà: ’o diavolo ’e Margellina.

Vittoria Colonna fece la maliziosa pure con i suoi ‘sudditi’ beneventani, si fece desiderare tanto ma non venne mai a Benevento. E la città s’è vendicata, l’ha bloccata lì alla piazza della stazione, perché quel diavolo va tenuto alla larga, non deve comparire nemmeno nella segnaletica stradale… 

ELIO  GALASSO

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