Questione Asia. Lonardo respinge le accuse mossegli dai pentastellati Farese e Sguera In primo piano

'I Cinque Stelle hanno scritto tali e tante corbellerie che non hanno avuto nemmeno il coraggio di venire a confrontarsi. Li avevo invitati a questa conferenza. La critica politica ci sta, ma quando si lede l’immagine di un’azienda che sta sul mercato, con un attacco ingiustificato e falsità così gravi, siamo costretti a valutare la possibilità di denunciare i responsabili del dossier contro l’Asia'.

Il presidente Lucio Lonardo risponde con durezza alle accuse dei pentastellati Nicola Sguera e Marianna Farese. Non ci sta a passare come uno sperperatore di risorse pubbliche. Nega il ricorso eccessivo alle consulenze esterne. 'Abbiamo solo un consulente aziendale, coadiuvato da un ragioniere, per gestire un bilancio da 11 milioni e mezzo di euro, perché io non ho il direttore amministrativo. Poi c’è, come in tutte aziende, il consulente per la sicurezza. Altri non ce ne sono'.

Il contrattacco di Lonardo è puntiglioso. Ha studiato il dossier dei grillini, presentato alcune settimane fa. 'Dicono una baggianata - rintuzza il presidente - quando affermano che l’Asia è un’azienda che non ha fini di lucro. L’Asia è una Spa. Solo che l’attivo di bilancio non lo tengo per me, ma lo dò al comune, che mi consente di fare investimenti'. La gestione del presidente è contestata anche da una folta pattuglia di ex lavoratori, provenienti dall‘ex supermercato Despar e dall’ex falegnameria Russo, che chiedono di avere un’altra chance.

'Sapevano già che il loro lavoro era a tempo determinato - puntualizza Lonardo - molti di essi hanno scelto la via giudiziaria. Ora cosa vogliono? Perché dovrei assumere loro e non gli altri che hanno perso il lavoro, come gli ex dei Magazzini Santamaria oppure altri giovani disoccupati? L’Asia può diventare una sorta di refugium peccatorum? Se avessi risorse sufficienti e le leggi mi venissero incontro, si potrebbero aprire spiragli. Ma non dipende da me. Dovrebbe funzionare tutta la filiera impiantistica ed istituzionale'.

La polemica con i Cinque Stelle è anche l’occasione per approfondire la questione dei rifiuti in città. Il successo nella raccolta differenziata non ha portato ad una diminuzione delle tariffe, né alla scomparsa delle discariche abusive. Ma quello che preoccupa di più è soprattutto il futuro di un’azienda che, tra luci ed ombre, è stata il fiore all’occhiello per più di un decennio, e che ora sembra annaspare tra incertezze e sofferenze.

'L’Asia da quando è nata rischia - ammette il presidente - perché non è autosufficiente, è in vita fino a quando il socio unico la vuole tenere in vita. Sarà in vita se i commissari liquidatori del dissesto stabiliscono che i fondi per i servizi essenziali, come quello per i rifiuti, non si toccano. Siamo salvi. Ma se, invece, dovessero stabilire che i 2 milioni e mezzo che avanziamo dal comune, non ci possono essere assegnati, il piatto è servito, sarà il fallimento dell’azienda'.

L’ operazione verità è partita. Il comune è avvertito. Le nozze non si fanno con i fichi secchi. Per camminare tranquilli servono quasi 5 milioni di euro per continuare un servizio efficace e per le spese del personale. Per reperire nuove risorse il comune non può allentare il contrasto all’evasione. 'Non voglio fare terrorismo psicologico - spiega il presidente - ma se questa azienda non raggiunge il pareggio di bilancio, fallisce'.

I rapporti tra Lonardo e il sindaco Clemente Mastella erano apparsi un po’ tesi nelle settimane scorse. La scintilla era scaturita dal taglio di ulteriori finanziamenti per l’Asia con l’arrivo del dissesto comunale. Le preoccupazioni non si sono attutite, ma almeno il quadro della situazione è stato portato sul tavolo dell’amministrazione comunale senza peli sulla lingua. Il primo cittadino ha ventilato l’ipotesi dell’ingresso dei privati nella municipalizzata.

Tra i due è ritornato il sereno? La serietà del problema li ha convinti a marciare d’amore e d’accordo? 'Io non devo avere la fiducia del sindaco - osserva Lonardo - ma quella dei cittadini. Il servo sciocco non serve al potente. Ho il dovere di dire come stanno le cose. Poi il comune, che è socio unico dell’azienda, può fare quello che vuole. Il mio compito non è quello di nascondere i problemi'.

Un forte segnale d’allarme sul fronte ambientale si è manifestato qualche settimana fa. L’accordo raggiunto  tra il comune e la Samte per il conferimento dei rifiuti nello Stir di Casalduni ha sbloccato  la situazione, ma il problema potrebbe ripresentarsi. 'Ci hanno consentito - spiega Lonardo - di portare 10 tonnellate al giorno, rispetto alle 80 che avevamo per strada. Uno stillicidio che durerà una settimana per il completo smaltimento. Questo dimostra che l’emergenza rifiuti in Campania non è mai finita, se la chiusura dello Stir per un giorno può provocare un blocco così disastroso'.

La questione irrisolta si chiama 'mancato completamento del ciclo integrato dei rifiuti'. Sulla carenza di impianti industriali in ogni provincia si discute da anni. Perché non si è riusciti a costruirne neanche uno a Benevento? Siamo allo scaricabarile. Il governo accusa le regioni, a loro volta chiamate in causa da comuni e province. 'La responsabilità - afferma il presidente - è esclusivamente della regione, che non ha investito nelle zone interne. Mentre Salerno ha cinque siti di compostaggio e Napoli riceve tanti milioni per potenziare la raccolta differenziata, che lì arriva appena al 25 per cento, noi che raggiungiamo il 66 per cento, siamo stati penalizzati. Nel Sannio abbiamo avuto solo la discarica di Sant’Arcangelo Trimonte'.

Che ne sarà dell’impianto ex Laser di Contrada Olivola? Questa struttura incompleta ed abbandonata ha suscitato scalpore e polemiche ed è stata additata come un esempio di spreco di risorse pubbliche. 'L’impianto - ricorda Lonardo - fu comprato nel 2006,quando io non c’ero, fu acquistato e mai pagato, dall’amministrazione guidata dal sindaco Sandro D’Alessandro e da Nicola Boccalone. Presidente dell’azienda era Andrea De Longis. Quando arrivai all’Asia, nel 2007, ricevetti un decreto ingiuntivo dalla Corte dei Conti e dovetti pagarlo. Noi non abbiamo la possibilità economica di completarlo. Pensiamo di affittarlo e di recuperare le spese. Già hanno mostrato interesse due aziende, una beneventana ed una napoletana'.

Sulla cessione dell’azienda ai privati il presidente è molto scettico. Così per ripianare i debiti del comune e rimpinguare le casse dell’Asia, ha avanzato la suggestiva idea di vendere lo Stadio Comunale. 'Ogni tanto sento parlare di privatizzazione - conclude - ma quest’azienda a chi la vendi senza un contratto di servizio? Il valore non te lo danno 50 autocompattatori del 1950. Lo stadio, invece, pur venduto, sarà sempre della squadra e della città'.

Antonio Esposito

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