Il presepe, una scena mai vista prima Cultura

Un evento così straordinario, anzi unico nella storia dell’umanità, non doveva essere sempre ridotto al minimo indispensabile. Chissà quante volte l’avrà pensato l’Artista Sconosciuto trovandosi di fronte a tante scarne Natività con Madonna e Bambino da soli, o a qualche Sacra Famiglia a tre personaggi, o ai Re Magi davanti alla stalla, con appena qualche figura in più. Visto che erano già tanto pochi gli elementi citati nei Vangeli di Luca e Matteo, perché non raffigurarli tutti insieme? Li immaginò protagonisti sul palcoscenico del mondo intero, da teatralizzare nella sua fascinosa quotidianità.

Fu così che, nello spazio esiguo di un pulvino del Chiostro dell’Abbazia benedettina di Santa Sofia a Benevento (foto), l’Artista Sconosciuto scolpì una scena piena di figure che non s’era mai vista prima, un Presepe, con a sinistra i Pastori e le pecorelle in cammino verso la misteriosa nascita in una stalla, l’Angelo ad ali spiegate che aveva dato loro l’annuncio, una sinuosa Maria ammantata che accudisce il Bambino nella mangiatoia, una Cometa che irrompe nel cielo stellato, San Giuseppe appoggiato al bastone, e a destra i Magi con doni tra le mani. Non trascurò niente lo scultore, neppure una sottile indicazione di Luca Evangelista: “L’Angelo disse ai pastori: troverete un Bambino avvolto in fasce”. E raffigurò Maria mentre controlla con la mano la fasciatura del Figlio intagliata a spigolo vivo nel marmo. L’Artista Sconosciuto doveva essere un monaco dell’Abbazia sofiana evidentemente abituato alla lettura analitica di testi sacri immutabili e delle immagini ripetitive miniate dei codici in pergamena. Ideò tuttavia una composizione aperta ad ogni inclusione futura, sacra o profana che fosse, e ne fu il primo impareggiabile regista.

Non esiste oggi un Presepe più antico del suo, datato con esattezza al tempo di Giovanni IV, “la cui fama resterà eterna” scrisse in latino nel Chiostro l’Artista Sconosciuto. Quell’abate governò l’Abbazia di Santa Sofia dall’anno 1140 al 1176, come attestano documenti manoscritti con la sua firma autografa conservati nel Museo del Sannio. La scena presepiale mai vista prima fu scolpita sulla prima colonna visibile a chi entrava nel Chiostro dall’attuale piazza antistante la Chiesa abbaziale: sul capitello c’è San Benedetto in cattedra con in mano il Codice della sua Regola, sul sovrastante pulvino il Presepe che si svolge su tre lati. Sul quarto lato appare la Presentazione di Gesù al Tempio. La colonna n. 1 imponeva dunque una sosta di meditazione prima di procedere lungo suggestivi percorsi di sculture realizzate da tre Maestri, da me denominati Maestro dei Mesi, Maestro dei Draghi e Maestro della Cavalcata di Elefanti in un volume dedicato al Chiostro di Santa Sofia.

Conclusasi ai primi dell’Ottocento la vicenda storica dell’Abbazia, persone d’ogni cultura, professione e ceto sociale sono passate davanti a quel Presepe senza rendersi conto della sua rilevanza storico-artistica: con quel capolavoro il Maestro dei Mesi aveva dato visibilità unitaria alle storie frammentate nei Vangeli, aprendo nuove vie d’arte pervenute alle raffinatezze dei Presepi napoletani del Settecento, alle stilizzazioni moderne, alle bizzarre invenzioni dei nostri giorni. Per questo, in occasione di ogni Natale il Presepe di Santa Sofia andrebbe proposto a livello internazionale, illuminato e didascalizzato in modo adeguato al contesto museale in cui si trova.

Recenti studi hanno datato al 1066 uno dei periodici ritorni della Cometa di Halley. Quell’anno l’astro arrivò imprevedibile nei cieli normanni di Francia e Inghilterra, impressionò il mondo, venne raffigurato insieme ad episodi storici in un tessuto di quasi settanta metri conservato nella cittadina francese di Bayeux sul Canale della Manica, in Normandia. Da quelle stesse regioni, in quegli stessi anni, discesero alla conquista del sud Italia i Normanni. Pochi decenni dopo, nella Benevento diventata isola pontificia al centro del loro Regno, il Maestro dei Mesi scolpì nel suo Presepe una Cometa fortemente simbolica, con testa a sei punte e lunga coda: dai conquistatori normanni il grande scultore aveva forse raccolto l’eco ancora viva delle emozioni suscitate dalla Cometa di Halley.

La tradizione vuole che nel 1222 sia passato per Benevento San Francesco. Soggiornò nella città papale e predicò nella Chiesa di San Costanzo, poi inglobata nel Convento dei Francescani. Non si può escludere che si sia soffermato nell’Abbazia longobarda di Santa Sofia davanti al Presepe scolpito pochi decenni prima dal Maestro dei Mesi e ne sia stato ispirato. L’anno successivo, nel 1223, Francesco propose a sua volta a Greccio una scena di Natività teatralizzata, con un vero bambino e qualche animale, il primo nucleo del Presepe vivente.

ELIO GALASSO

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